Il BIM ed il cantiere

Nel presente articolo viene riportato il testo integrale del mio elaborato di laurea in Ingegneria delle Costruzioni, dal titolo: “Progettazione integrata, organizzazione e sicurezza del cantiere con il Building Information Modeling”. La tesi è stata discussa presso il Dipartimento di Ingegneria e Geologia dell’Università “G. D’Annunzio” di Pescara nell’anno accademico 2014/2015. Relatore il prof. arch. Carlo Lufrano.

Obiettivo della tesi è di individuare vantaggi e valori aggiunti dal B.I.M. rispetto alle metodologie tradizionali ed i modi in cui essi possono generarsi, con particolare riferimento all’organizzazione e sicurezza del cantiere. Il lavoro si è svolto dapprima attraverso la consultazione di documentazione informativa sul B.I.M. per capirne gli aspetti generali, nonché attraverso l’analisi critica di diversi casi di studio sull’utilizzo della nuova metodologia per estrarne i significati in termini di vantaggi e di valori aggiunti. In vista degli obiettivi, il lavoro si è poi rivolto alla comprensione della gestione e del controllo dei nuovi strumenti e delle potenzialità da essi offerti per capire in che modo trarre i migliori vantaggi e valori aggiunti nell’ambito dell’organizzazione e sicurezza del cantiere, attraverso l’osservazione di una serie di casi tra i più ricorrenti.

A seguire, il testo.


INTRODUZIONE

L’architettura, l’ingegneria e l’edilizia, fin dagli albori della storia, si sono sempre affidate allo strumento del disegno per la rappresentazione di tutto quanto necessario alla progettazione ed alla realizzazione di qualsiasi tipologia di manufatto. Con l’evolversi della civiltà e dunque della tecnologia, della legislazione edilizia e dell’attività dei professionisti, i disegni architettonici ed ingegneristici hanno visto una lunga e fruttuosa trasformazione, definendo oggi le basi della rappresentazione disciplinate per ogni attore del processo edilizio, nonché tecniche di rappresentazione sempre più sofisticate al fine di ottimizzare il processo stesso, passando inevitabilmente attraverso lo sviluppo tecnologico, specie nell’ambito della scienza digitale degli ultimi cinquant’anni.

Il periodo attuale è caratterizzato dalla transazione verso l’utilizzo di modelli 3D altamente strutturati che stanno drasticamente cambiando il ruolo del disegno nel settore delle costruzioni (Osello, 2012).

Questo cambiamento non esclude la centralità del ruolo del disegno – che rimane sempre l’unico linguaggio capace di trasferire in maniera più immediata l’idea progettuale a tutti gli attori di una buona parte del processo edilizio – bensì ne vuol rafforzare i significati, ampliare il linguaggio e gli orizzonti, oltrepassando le tre stesse dimensioni della mera rappresentazione grafica. Non a caso, oggi si fa sempre più spesso riferimento a delle dimensioni aggiunte in relazione alla rappresentazione del processo edilizio: se il 3D riguarda la modellazione grafica, la quarta dimensione riguarderà la programmazione e la simulazione del cantiere, la quinta la stima di quantità e costi in tempo reale, la sesta il modello as built, la gestione e la manutenzione, fino a definire la fine della vita del manufatto, con il riadattamento o la demolizione dello stesso.

L’obiettivo di mettere insieme questa grande quantità di informazioni, che implica l’interoperabilità ed anche la comunicazione tra più settori specifici -ossia tra diverse figure tecniche che vanno dalla committenza al manutentore, passando per i progettisti dei diversi ambiti e per i fornitori di beni e servizi, per gli esecutori, e per altre figure di responsabilità – è ciò che viene perseguito dal Building Information Modeling (B.I.M.), il quale è in costante diffusione in diversi Paesi, a vari stadi di evoluzione di utilizzo. Dunque il B.I.M., come attività e come oggetto strumentale, è un entità dal massiccio potenziale in termini di possibilità di sviluppo e di ottimizzazione del processo edilizio, anzi, in una più ampia accezione, del ciclo di vita del manufatto. Ma questo potenziale ha indubbiamente bisogno di essere controllato se si vuol trarne dei benefici reali. Dunque, anzitutto si dovrà tener conto di alcuni presupposti fondamentali affinché la tecnologia B.I.M. abbia ragione di essere diffusa ed utilizzata. Tali presupposti sono:

  • che se ne abbia profonda conoscenza e controllo, grazie ad una adeguata informazione ed alla formazione di apposite figure professionali;
  • che se ne abbia un’ottimale fruibilità, attraverso l’adeguamento o la sostituzione degli attuali strumenti e metodologie, orientati all’ottenimento di tutti i vantaggi collegati alla nuova tecnologia;
  • che il suo utilizzo porti dei vantaggi in termini di facilità di gestione del processo, anzi, dell’intero ciclo di vita dell’opera, rispetto alle metodologie tradizionali;
  • che il suo utilizzo porti vantaggi in termini di ottimizzazione di tempi e costi di realizzazione di gestione dell’opera rispetto alle tecnologie tradizionali;
  • che il suo utilizzo porti qualità aggiunta a tutto il lavoro sia sotto il profilo dell’affidabilità degli elaborati, sia sotto il profilo della comunicazione fra figure tecniche diverse, rispetto a quanto offerto dalle tecnologie e dalle metodologie tradizionali.

In questo lavoro di fine corso di studi, cercheremo di mettere in luce i potenziali effetti della presenza di questi presupposti, sia in linea generale che con particolare riferimento alla fase di organizzazione e sicurezza del cantiere, attraverso alcuni casi di studio che ne testimonino l’effettiva validità, già verificata ed appoggiata da molte e documentate esperienze cui si farà cenno.

L’obiettivo è quello di evidenziare i vantaggi nell’utilizzazione di B.I.M. e strumenti B.I.M. rispetto alle metodologie ed agli strumenti tradizionali, ed i modi attraverso cui essi possono generarsi.

1 – INTRODUZIONE AL B.I.M. ED ALL’INTEROPERABILITA’

1.1 – BREVE STORIA DEL B.I.M.

Il B.I.M. nasce dall’evoluzione della scienza digitale, ed in particolare dei sistemi informatici a supporto della progettazione, che muovono i loro primi passi negli anni ’60 del Novecento con l’introduzione di polyhedral forms (forme poliedriche) anche se, come testimoniato da Eastman et al.1, queste prime forme potevano essere utilizzate per comporre un’immagine ma non per progettare forme complesse. Solo successivamente, tra il 1970 ed il 1980, con l’aumento delle capacità dei sistemi C.A.D. (Computer Aided Design), diviene possibile la creazione di modelli di edifici realizzati con la modellazione solida, di cui, i primi a carpirne l’importanza, sono l’industria manifatturiera e quella aerospaziale, le quali cooperano con le compagnie di software per implementare questi sistemi. L’industria delle costruzioni, contestualmente, adotta questi software – come, ad esempio, AutoCAD – per il disegno architettonico, focalizzando però l’attenzione soltanto sulla rappresentazione dei manufatti, e non tenendo conto dell’esistenza di un intero processo edilizio.

D’altra parte, sin dalla fine del 1980, viene sviluppata la modellazione parametrica basata sugli oggetti per il progetto degli impianti meccanici, ed innovazioni significative vengono avviate nel processo di progettazione: mentre nel tradizionale C.A.D. 3D ogni aspetto della geometria di un elemento deve essere editato manualmente dagli utenti, in un modellatore parametrico la forma e l’insieme delle componenti geometriche si corregge automaticamente in base ai cambiamenti del contesto. Questo concetto rappresenta l’origine dell’attuale generazione del B.I.M. (Osello, 2012). E proprio su questo concetto, nel 1986 la Graphisoft introduce il primo Virtual Building Solution conosciuto come ArchiCAD 2, un software che consente ad architetti ed ingegneri di creare una rappresentazione virtuale 3D del proprio progetto, anziché 2D: è possibile immagazzinare una grande quantità di dati all’interno del modello dell’edificio, tra cui informazioni sulla geometria e sui dati spaziali, sulle proprietà e sulle quantità degli elementi utilizzati nel progetto. Da allora vengono fatti incalcolabili progressi. Nel 2002 viene coniato l’acronimo B.I.M. per descrivere insieme progettazione virtuale, edificazione e facility management; nel 2003, quando Jerry Laiserin organizza un dibattito faccia a faccia sul B.I.M. tra Autodesk e Bentley 3, l’espressione diviene molto popolare.

Molte funzioni di modellazione B.I.M. sono oggi disponibili con software come Allplan, ArchiCAD, Autodesk Revit, Bentley Building, DigitalProject, GenerativeComponents, VectorWorks, e tanti altri.

Storia del BIM
Figura 1 – Evoluzione dei sistemi informatici a supporto della progettazione (da: Anna Osello, “Il futuro del disegno con il BIM per architetti ed ingegneri” – Dario Flaccovio Editore, 2012)
1.2 – DEFINIZIONI DI B.I.M.

La letteratura internazionale, ad oggi, testimonia una certa ambiguità nel definire il significato di B.I.M.: questo, probabilmente, perché esso è ancora in una fase di diffusione e di sviluppo, il ché implica anche un’attribuzione di significati diversi in relazione ai disparati ambienti in cui opera nell’ambito dell’intero ciclo di vita dei manufatti. Tuttavia, una macro-distinzione dei significati dell’acronimo, può essere operata come segue:

  • B.I.M. come Building Information Modeling, riferito ad un’attività basata su un metodo. Come attività, il B.I.M. è dunque costituito dall’insieme dei processi applicati per realizzare, gestire, ricavare e comunicare informazioni tra soggetti a livelli differenti, utilizzando dei modelli creati da tutti i partecipanti al processo edilizio, in tempi diversi ed anche per scopi non uguali tra loro, per garantire qualità ed efficienza attraverso l’intero ciclo di vita di un manufatto (Osello, 2012).
  • B.I.M. come Building Information Model, riferito ad un oggetto strumentale all’attività, ovvero ad un modello digitale. E’ una inequivocabile rappresentazione digitale delle caratteristiche fisiche e funzionali di un manufatto. Tale rappresentazione è costituita da oggetti digitali corrispondenti alle componenti del mondo reale come muri, porte e finestre con associate relazioni, attributi e proprietà (Osello, 2012).
  • B.I.M. come Beyond Information Models, riferito al concetto di sistema che riesce ad apportare valore aggiunto in termini generali di qualità della vita4.

Sovente si parla anche di B.I.M.M., ossia di Building Information Modeling and Management, come rafforzativo della prima definizione.

Questa distinzione è importante, specie in mancanza di una univoca definizione da parte della letteratura internazionale, ed in mancanza di regole e convenzioni che, evidentemente, necessitano di essere definite e standardizzate. In questo elaborato utilizzeremo il termine B.I.M. in relazione all’attività ed all’oggetto strumentale ad essa.

1.3 – DEFINIZIONI DI INTEROPERABILITA’

Nell’ambito del B.I.M., sia come attività che come oggetto strumentale, l’interoperabilità è un aspetto di rilevante importanza. Anche in questo caso, la letteratura internazionale non fornisce una definizione univoca; tuttavia il significato del termine può essere rappresentato dalle descrizioni che seguono.

Secondo Eastman et al.1, l’interoperabilità identifica la necessità di trasferimento di dati tra molteplici applicazioni software, al fine di mettere insieme il contributo al lavoro di ognuno.

Per il National Institute of Building Science 5, l’interoperabilità è uno scambio di dati senza soluzione di continuità al livello di software tra diverse applicazioni, ognuna delle quali può avere la propria struttura interna. Essa avviene tra parti di mappa di ogni struttura dati interna ad una applicazione partecipante, verso un modello dati universale e viceversa.

Per quanto similari, le due definizioni portano insite significati ben diversi, se relazionate alle potenzialità della stessa interoperabilità.

Ad ogni modo, l’interoperabilità è il requisito essenziale affinché il B.I.M. venga utilizzato come attività e non solo come oggetto strumentale per coadiuvare la sola fase di progettazione del manufatto.

IFC
Figura 2 – Una rappresentazione esemplificativa di interoperabilità
1.3 – B.I.M. ED INTEROPERABILITA’: ATTIVITA’ DI GRUPPO E LINGUAGGIO COMUNE

Date le definizioni di B.I.M. e di interoperabilità, è facile capire che il B.I.M. è un’attività di gruppo, che deve basarsi su un linguaggio comune a tutti gli attori del ciclo di vita di un manufatto, fra tecnici e figure di responsabilità, linguaggio basato sull’interoperabilità, oltre che su determinati standards. Una singola informazione generata dall’attività, deve dunque essere parimenti disponibile, comprensibile, utilizzabile ed interscambiabile direttamente da e fra tutte le figure a cui interessa, per gli usi e per gli scopi relativi ad ogni settore dell’attività: la pianificazione del lavoro, la progettazione dell’opera, l’organizzazione e sicurezza del cantiere, la pianificazione della manutenzione e quella della dismissione.

Alla luce di quanto appena detto, appare indispensabile che per il funzionamento dell’attività vi sia un coinvolgimento globale di tutti gli attori; a tal proposito, risuona bene l’osservazione di Osello6, per la quale è ovvio che l’utilizzo del B.I.M. in un singolo studio professionale ha un valore, ma è dalla condivisione e dal riutilizzo delle informazioni che emergono i maggiori benefici per i professionisti e per i proprietari. Da soli, c’è una maggiore probabilità di trascurare la necessità di certi dati e di limitare lo scambio di dati a pochi partner con diverse professionalità. Ciò conferma ampiamente che il B.I.M è un’attività di gruppo, e che il modello B.I.M. deve essere strumentale all’intera attività, e non solo a parti di essa.

Interoperability_Testing
Figura 3 – Il BIM è un’attività di gruppo basata su un linguaggio comune
1.4 – PRESUPPOSTI OPERATIVI PER IL B.I.M. E RELATIVE OSSERVAZIONI

Risulta evidente da quanto detto in precedenza che un piano di lavoro B.I.M. deve essere impostato sin dalle prime fasi del progetto per poi essere continuamente sviluppato man mano che i partecipanti si aggiungono al progetto stesso. Inoltre un monitoraggio, una implementazione ed una revisione sono necessari durante tutto il periodo del progetto poiché il piano di lavoro deve servire per: definire l’ampiezza della implementazione del B.I.M. nel progetto; identificare il flusso del processo per i lavori B.I.M.; definire lo scambio di informazioni tra le parti; descrivere l’infrastruttura necessaria per il progetto e per lo studio di progettazione per supportare tale implementazione.

Attraverso lo sviluppo di un piano di lavoro B.I.M., il progetto ed i membri del team di progetto possono acquistare valore come segue:

  • tutte le parti comprendono e comunicano chiaramente gli obiettivi strategici di implementazione del B.I.M. nel progetto;
  • le organizzazioni comprendono il loro ruolo e responsabilità nell’implementazione;
  • il team è in grado di progettare un processo esecutivo ben calzato sulle pratiche di lavoro e i processi organizzativi tipici di ogni membro del team;
  • il piano di lavoro delinea risorse aggiuntive, formazione o altre competenze necessarie per un’implementazione del B.I.M. efficace in relazione ai suoi obiettivi;
  • il piano di lavoro fornisce un punto di riferimento per descrivere il processo a futuri partecipanti che si aggiungono al progetto;
  • gli uffici acquisti sono in grado di definire un linguaggio contrattuale che garantisca il rispetto degli impegni da parte di tutti i partecipanti al progetto;
  • il piano di lavoro fornisce un obiettivo per misurare l’avanzamento durante il progetto (Osello, 2012).

In linea generale, dunque, un’attività di Building Information Modeling fonderà le sue dinamiche di svolgimento sui suddetti presupposti, ovvero su un piano di lavoro e la relativa possibilità di acquistare una serie di valori legati alla pianificazione del processo, come sopra descritti.

Ma la possibilità di descrivere universalmente le dinamiche di un processo basato sul B.I.M. resta un fatto ideale: ogni progetto avrà una sua specifica “veste B.I.M.”, in funzione del tipo di manufatto, delle sue dimensioni, della sua complessità, delle sue funzioni, delle figure coinvolte.

Al contrario, una costante per l’ottimale messa in pratica dei suddetti princìpi e dunque di un metodo B.I.M. che funzioni ad alto rendimento, risiede nell’esperienza del team, guidato da un B.I.M. manager, di svolgere un processo di implementazione, e dunque nell’informazione e nella formazione di tutte le figure tecniche partecipanti. A tal proposito, sarebbe auspicabile che tale formazione provenisse in primis dalla Scuola e dall’Università.

CADBIM2
Figura 4 – Differenza tra disegno, CAD e BIM


2 – ASPETTI RELATIVI AL PASSAGGIO ALLA NUOVA TECNOLOGIA

 

2.1 – LO STATO DELL’ARTE DEL B.I.M.

Sulla base di iniziative nazionali e governative che sostengono lo sviluppo dell’industria delle costruzioni con progetti sperimentali e di standardizzazione, Paesi come l’Australia, la Danimarca, la Finlandia, la Norvegia, il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America, il Canada e Singapore sono al momento attuale in vario modo leader sul tema del B.I.M.. Soprattutto in Finlandia, il B.I.M. è ormai una realtà, avendo da tempo questo Paese superato la fase sperimentale (Osello, 2012).

BIM_Atlas_it
Figura 5 – Stato dell’arte del BIM

In particolare, come osservato da Wong et al.7, i Paesi scandinavi sono i portatori di linee guida per il B.I.M.; gli U.S.A., invece, avendo adottato per primi dei National BIM Standars, costituiscono un’opportunità per ogni altro Paese di costituire o migliorare i propri standards; il Regno Unito è alla ricerca di possibili standards comuni tra C.A.D. e B.I.M. (e, dopo studi pilota promossi dal governo, imporrà l’obbligo di utilizzo di questa tecnologia per gli appalti pubblici a partire dal 20168); Singapore è il Paese in cui più ci si sta dedicando all’uso dell’Information Technology per lo scambio di informazioni; il Canada è molto dedito alla creazione di strumenti B.I.M., mentre in Australia il fenomeno è ampiamente oggetto di studio, alla ricerca di limiti e possibilità. Francia e Germania hanno invece creato gruppi di lavoro governativi per promuovere il B.I.M. e inserirlo nelle norme di recepimento della direttiva UE 2014/24 8.

Rispetto ai casi sopracitati, l’Italia è ancora molto indietro ma, nonostante ciò, i “casi spontanei” si diffondono e l’interesse fra progettisti ed operatori cresce, almeno secondo quanto emerso dal BIM Summit 2015, incontro tematico annuale a livello nazionale, promosso dal Politecnico di Milano e dalla società di ingegneria Harpaceas. Quel che manca è una regìa nazionale, una spinta a livello di governo, come invece hanno deciso di fare Regno Unito, Germania e Francia 8.

Tuttavia, è stato di recente mostrato l’interesse dei legislatori ad inserire il B.I.M. fra gli elementi caratterizzanti la prossima legge sugli appalti.

2.2 -PASSARE AL B.I.M., CAMBIARE MENTALITA’

Sulla base di quanto osservato riguardo allo stato dell’arte attuale del B.I.M. in Italia, è chiaro che notevoli sforzi andranno fatti, prima o poi, per adeguarsi al nuovo linguaggio che si sta diffondendo. Al di là delle auspicabili iniziative di governo, comunque, è indubbio che il cambiamento di metodo dovrà continuare tra i professionisti di settore, in modo che l’applicazione del B.I.M. non rimanga confinata ancora per troppo tempo ai suddetti casi spontanei e sporadici.

Il passaggio al nuovo metodo, ad ogni modo, implica un cambiamento radicale del modo di pensare, rispetto a quanto si faccia con l’utilizzo delle tecnologie tradizionali, ovvero l’uso del C.A.D. e di un insieme eterogeneo di software e di risorse umane per gestire l’intero processo. E’ in questo switch mentale che risiede la grande opportunità di usufruire di tutti i vantaggi apportabili dal B.I.M., basato in linea di massima sui seguenti princìpi.

Anzitutto, c’è da premettere che il B.I.M. non va visto come un’evoluzione del C.A.D., altrimenti si commetterebbe l’errore di pensare ad esso esclusivamente come oggetto strumentale all’attività di Building Information Modeling, e quindi di intendere il suo utilizzo soltanto come un più capace sostituto del C.A.D. nella singola fase di progettazione del manufatto. In altre parole bisogna pensare che il B.I.M. va visto come un sostituto dell’intero metodo eterogeneo tradizionale, di cui il C.A.D. ne rappresenta solo una piccola parte, come strumento di rappresentazione. Con il C.A.D. 2D, due linee parallele e un retino al loro interno significano un muro solo se una persona conosce le regole e le convenzioni del disegno; invece con il B.I.M., un muro è un muro (Osello, 2012). E’ chiaro che accanto a questo debbano essere presenti degli standard su definizioni e regole, ma a riguardo, in mancanza di iniziative governative, in Italia esistono già dei progetti di ricerca come, ad esempio, InnovANCE 9.

In secondo luogo, cambiamento sostanziale da verificarsi è portare tutti a pensare in termini di ciclo di vita di un manufatto. Secondo Osello10, questo significa per esempio che la responsabilità di un ingegnere o di un architetto in un progetto non finisce con il termine del loro incarico; anzi, durante le fasi della progettazione essi devono avere ben chiaro come la propria parte verrà utilizzata da altri professionisti o come essa maturerà e potrà essere modificata in futuro durante il ciclo di vita dell’edificio. Questo significa che la modellazione di ogni soluzione progettuale non è fine a se stessa. Infatti, con l’aiuto della verifica tridimensionale di ogni elemento del progetto, essa mira a migliorare la qualità e lo scambio dei dati tra le parti, riducendo il numero degli errori, aumentando l’efficienza del processo progettuale e assicurando che il risultato finale sia conforme agli obiettivi.

BIMciclo
Figura 6 – BIM e ciclo di vita del manufatto

Altra componente del cambiamento di mentalità, deve essere quello di pensare ed adottare il Building Information Model come base per la progettazione e per lo scambio dei dati, sia con l’inserimento di tutte le proprietà degli oggetti, sia con la predisposizione di più versioni del modello stesso, ad esempio una semplificata contenente informazioni essenziali, tale da poter essere utilizzata come base per ogni disciplina, ed una più complessa che consenta l’integrazione di vari contributi derivanti da molte o tutte le discipline coinvolte, in modo da essere utile anche all’appaltatore, ai subappaltatori e ai facility manager. In questa seconda versione, il modello può raggiungere la condizione di edificio virtuale in cui i problemi possono essere esplorati e risolti digitalmente prima che l’edificio passi alla fase di cantiere ed alle successive.

2.3 – PASSARE AL B.I.M., QUESTIONI TECNICHE

Come già accennato nel precedente §2.3, il B.I.M. è un’attività di gruppo basata su un linguaggio comune, di cui lo scheletro è rappresentato dall’interoperabilità, ovvero dallo scambio di informazioni tra software, e dalla comunicazione fra le parti. Se un normale scambio di informazioni è di per sé, spesso, già abbastanza problematico, nella visione di Osello 11 la questione è ancora più critica quando si utilizzano strumenti digitali, poiché la maggior parte di essi ha un livello di tolleranza molto basso nell’interpretazione dei dati.

Il contesto è così intricato – continua Osello 11 – che il successo del B.I.M. è possibile solo se tutte le parti integrano il modello utilizzando lo stesso linguaggio, un protocollo condiviso e oggetti intelligenti basati su standard di scambio ben definiti. Per questa ragione esiste un significativo ed incessante sforzo per realizzare soluzioni B.I.M. che consentano di scambiare dati a livello internazionale per tutta l’industria delle costruzioni.

Fortunatamente, molto di questo lavoro è già stato pianificato dall’International Alliance for Interoperability (IAI), fondato nel 2001 e rinominato buildingSMARTTM nel 200712, la cui missione è quella di definire, pubblicare e promuovere norme per le Industry Foundation Classes (IFCs)12 come base per la condivisione globale delle informazioni di progetto attraverso il ciclo di vita del manufatto, in relazione a tutte le discipline e a tutte le applicazioni che lo riguardano. La tecnologia utilizzata da buildingSMART è basata essenzialmente su tre componenti11:

  • il Data Model, unico modello di dati object-oriented relativo ad un edificio, definito dalle IFCs e condiviso da tutte le applicazioni conformi ad esse;
  • il Data Directory, una sorta di dizionario multilingue globale di riferimento per la terminologia e le definizioni, con funzioni multilingue e di traduzione (importanti in un mondo globalizzato);
  • i Processes, uno standard dei processi che specifica quando certi tipi di informazione sono richiesti durante la realizzazione di un progetto o il funzionamento di un edificio esistente, facendo capo a singoli tecnici di riferimento, in relazione a molte informazioni presenti nel model.

In definitiva, si può dire che molti passi in avanti, a livello globale, sono stati fatti per avere l’ottimale fruibilità del B.I.M. e degli strumenti ad esso concernenti. Ciò è però condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere quella fruibilità, se non accompagnata dalle azioni orientate al cambiamento di mentalità di cui si è accennato in precedenza.

buildingSMART_logo600px

IFC-blir-buildingSMART-Datamodell
Figura 7 – Logo e rappresentazione strutturale della tecnologia BuildingSMART

3 – B.I.M. VERSUS C.A.D.: VANTAGGI E VALORI AGGIUNTI

 

3.1 – ASPETTI GENERALI

Rispetto ai tempi in cui si utilizzava esclusivamente la rappresentazione manuale, con l’introduzione del C.A.D. le cose non sono cambiate di molto ai fini del prodotto inteso come informazione da scambiare con gli altri attori del processo. Per descrivere un edificio abbiamo continuato ad utilizzare disegni bidimensionali per le piante, i prospetti e le sezioni, ed ogni volta che uno di essi ha richiesto una modifica, si è dovuto controllare e modificare anche le altre viste: un procedimento dispendioso, noioso e spesso soggetto ad errori. Come per il disegno manuale, inoltre, abbiamo continuato ad utilizzare entità 2D per rappresentare oggetti tridimensionali. Ciò ha consentito una maggiore fruibilità dei disegni rispetto a quelli manuali, ma nulla si è fatto per collegare le informazioni digitali al resto del processo: tutti gli altri elaborati hanno continuato ad essere prodotti in maniera separata sotto forma di cronoprogramma, computo metrico, modello di calcolo, capitolato d’appalto, etc. per descrivere in maniera completa il singolo edificio, spesso neanche inquadrato in un ciclo di vita.

Oggi ci ritroviamo dunque con una metodologia tradizionale non perfetta, di cui però siamo più a conoscenza e di cui sappiamo che ci porterà sicuramente al risultato che vogliamo ottenere, in tempi facilmente stimabili in base all’esperienza. I ruoli degli attori sono già definiti sulla matrice di questa metodologia, e ciò ci permette di stimare anche i tempi degli altri ed il valore del loro operato.

Dall’altro lato, invece, c’è un metodo B.I.M., di cui si sa ancora poco, che richiede investimenti (in termini di tecnologia, di formazione e di pratica professionale) e che necessita di una rivisitazione complessiva dell’industria delle costruzioni13.

Il primo dei vantaggi del passaggio al B.I.M., dunque, sta senz’altro nell’aderire ad un’innovazione tecnologica che di certo non si fermerà. Per contro, si renderà indispensabile fare i suddetti investimenti, che coinvolgono università, enti governativi, industria delle costruzioni, software house e produttori di beni e servizi legati all’edilizia, e che implicano una consistente spesa di tempo.

3.2 – UN’ANALISI CRITICA PER LA RICERCA DI VANTAGGI E VALORI AGGIUNTI

Attraverso l’analisi di documentati casi di studio, assimilabili con buona approssimazione a gran parte della casistica reale, ci è stato possibile individuare alcune peculiarità tecniche nell’utilizzo del B.I.M., che possono costituire parametri di confronto della nuova tecnologia rispetto a quella tradizionale.

Un primo studio, non in ordine cronologico, effettuato da Cangialosi e Lo Turco14, ed orientato a “valutare il diverso approccio progettuale sostanziato dalle tecnologie B.I.M. quando occorre lavorare ad una scala di rappresentazione utile alla definizione di elementi di dettaglio”14, rivela subito degli aspetti importanti da cui trarre informazione sull’uso del B.I.M. rispetto al C.A.D.. Secondo questo studio, la modellazione tridimensionale con il B.I.M. di ogni particolare architettonico fino alle più specifiche scale di dettaglio, non è una procedura facilmente gestibile. Si può procedere percorrendo più strade: la prima consiste nel decidere di non abbandonare totalmente l’elaborazione C.A.D., bensì di utilizzare quest’ultima per la modellazione dei particolari costruttivi, affiancando il modello parametrico e snellendo la redazione grafica degli elaborati di dettaglio; ma questa scorciatoia finisce per togliere qualsiasi valore aggiunto al B.I.M..

Una seconda strada, che rappresenta la prassi più consolidata a livello internazionale, prevede la realizzazione di componenti di dettaglio che derivano inizialmente da un ingrandimento di un nodo significativo estratto dal modello tridimensionale e successivamente integrato (a livello grafico, descrittivo e materico), in maniera del tutto analoga alle tradizionali tecniche di disegno manuale in cui il suddetto particolare costruttivo veniva evidenziato all’interno delle tavole di più larga scala e successivamente completato. E’ questa una strada mediana, che rappresenta un buon compromesso tra sfruttamento delle possibilità e spesa di tempo, pur non riuscendo ad essere totale espressione del B.I.M..

La terza strada consiste nel rendere intelligenti ovvero parametrici tali componenti di dettaglio, in modo da poterli descrivere e classificare per garantire quella univocità di lettura indispensabile per razionalizzare le informazioni relative ad ogni elemento che compone la costruzione. E’ questo senz’altro l’approccio più ideale al B.I.M., ovvero quello da cui poter derivare vantaggi concreti rispetto al C.A.D. in termini di informazione del modello e di fruibilità dello stesso. Di certo quest’ultima strada implica un maggior dispendio di tempo, il quale però andrebbe visto e valutato come un investimento, dati i sicuri frutti che ne deriverebbero.

Gli stessi Cangialosi e Lo Turco14, d’altro canto, affermano che nel disegno di progetto il modello deve essere organizzato come un vero e proprio linguaggio, dotato di un suo vocabolario e di una sua sintassi che eviti di dare adito a letture diverse. Per questo motivo, l’opportunità offerta dagli strumenti B.I.M. di definire sin dall’inizio, ad esempio, le quantità dei diversi materiali utilizzati, consente in parallelo la definizione del computo metrico estimativo, controllando in tempo reale i costi delle scelte progettuali operate (per esempio sulle finiture interne o su lavorazioni di facciata), che incidono notevolmente sul totale importo lavori dell’opera. Tale prassi comporta un fondamentale valore aggiunto per una corretta progettazione integrata, relativamente ad un’operazione senz’altro più difficoltosa attraverso l’uso di strumenti tradizionali.

E’ chiaro, dunque, che il vantaggio nell’utilizzo degli strumenti e del metodo B.I.M. è direttamente proporzionale all’informazione data al modello, strettamente legata al tempo impiegato, ma anche alla capacità di controllarlo e, non da ultimo, ai limiti ed alle possibilità offerte dagli strumenti. A tal proposito, ed a titolo esemplificativo, sulla scena del mercato internazionale, tra i molteplici strumenti finalizzati alla creazione di modelli B.I.M., secondo Osello 15 è forse Autodesk Revit® a fornire l’interpretazione più letterale di un singolo building information model come database principale del progetto. Questo ne giustifica la sua larghissima diffusione, ma proprio questo strumento, nella sua versione per l’architettura, può essere spia di verosimili limiti e possibilità offerti in generale dagli strumenti B.I.M., inquadrando quale sia il percorso da seguire alle volte per coadiuvare la piena efficienza delle nuove tecnologie che però, d’altra parte, sono sempre in aggiornamento. E’ quanto sottinteso dalla tesi di Erba 16, il quale mette in evidenza la difficoltà non trascurabile nella creazione di modelli realistici in ogni componente, cioè la difficoltà di rappresentare tutti gli elementi o tutte le relazioni tra gli elementi di dettaglio così come desiderato nella realtà, a causa di errori o limiti del software: in alcuni casi l’obiettivo implicherebbe un’inadeguata spesa di tempo. Nella maggior parte dei casi, secondo Erba, a questi errori e problematiche si può porre rimedio esclusivamente con l’ausilio di elementi di dettaglio tipici delle viste, andando a creare mascherature, retini, linee di taglio o profili di taglio. In questo modo non si giunge certo alla correttezza del modello, ma si possono ottenere buoni risultati per quanto concerne la sua rappresentazione grafica. Ma questo potrebbe portare dei problemi non trascurabili nel caso in cui il modello (come si auspica) dovesse essere utilizzato durante la fase di realizzazione del manufatto e della sua gestione come previsto dalla metodologia di lavoro B.I.M.. Dunque, se ne osserva che anche la scelta dell’adeguata strumentazione B.I.M., visto un bilancio di pro e contro, è condizione essenziale per l’ottenimento del massimo vantaggio. Ed altresì lo è la scelta della qualità di rappresentazione in funzione del tipo di risultato che si intende ottenere: bisognerà tener conto che, per ottenere un risultato raffinato, ci sarà bisogno di un maggiore dispendio di tempo e risorse.

A documentare ulteriormente vantaggi e valori aggiunti della nuova tecnologia, vi è uno studio sul B.I.M. finalizzato al cantiere, operato da Goveani17, riguardante in particolare la produzione di tavole strutturali in fase esecutiva.

Analizzando il progetto della società di ingegneria Oger International per 3200 costruzioni in circa 150 edifici-tipo che si ripetono su 41 siti sparsi sul territorio dell’Arabia Saudita, tutto basato su tecnologia B.I.M., Goveani trae osservazioni importanti riguardo ai vantaggi apportati rispetto al C.A.D., seppur sottolineando taluni limiti della nuova tecnologia. Operando su un building information model, secondo Goveani, è stato possibile in poco tempo ottenere molteplici declinazioni dello stesso edificio, consentendo l’invio quasi contemporaneo su diversi cantieri di una gran quantità di tavole strutturali per un rapido inizio dei lavori su ogni sito. Ma viene sottolineato che attualmente con un solo modello 3D parametrico non si riesce ad ottenere automaticamente tutto ciò che è proprio di un progetto esecutivo strutturale di un edificio, in particolare tavole, quantitativi e modello di calcolo al tempo stesso. E’ sicuramente vero che uno dei vantaggi del B.I.M. è quello di poter estrarre in qualsiasi momento dal modello le informazioni volute, ma nel momento in cui tali informazioni devono essere comunicate in un elaborato, questo va preparato in maniera classica. Una sezione estratta da un modello, per esempio, sarà generata automaticamente dal software in termini di forma, dimensioni, eventuali campiture, ecc., ma per rispettare determinati standard grafici dovrà essere completata di tutti quegli elementi accessori fondamentali per la sua comprensione quali quote, testi esplicativi, ecc.

Il risparmio di tempo ai fini della resa grafica di una tavola nell’utilizzo di un modello parametrico 3D sta quindi non tanto nella preparazione della tavola, che non differisce molto da quella fatta in maniera classica 2D con AutoCAD, ma nell’automatizzazione, che garantisce la correttezza delle informazioni in ciascuna vista, riducendo quindi i tempi di verifica degli elaborati. Sta in questo, forse, uno dei vantaggi più importanti del B.I.M., che però non significa un trasferimento di oneri e responsabilità al modello, ma un supporto concreto per un notevole risparmio di tempo nelle verifiche degli elaborati. Questo, in parte, riesce probabilmente a ripagare il tempo investito per l’informazione del modello, tendendo a bilanciare l’equazione dei tempi, oltre ad apportare maggiore garanzia di correttezza degli elaborati.

image-CADvsBIM
Figura 8 – Rapporti tempi/fasi tra CAD e BIM

Utilizzando le tecnologie B.I.M. durante le fasi di progettazione viene costruito un modello virtuale degli edifici e quando il modello è completo, oltre alla geometria, esso può contenere in maniera precisa anche dati significativi per i costi e per il supporto dell’edificazione, oltre che per la fornitura dei materiali e degli elementi necessari alla realizzazione dell’edificio. Il modello 4D è dunque sostanzialmente l’evoluzione di un modello 3D integrato da un cronoprogramma in grado di visualizzare la sequenza temporale delle costruzioni; nel modello 5D invece vengono aggiunti i costi dei materiali e degli elementi in progetto18.

A tal proposito, uno studio di Sigaudo19, teso a verificare l’efficacia del building information model in abbinamento a dati non puramente geometrici, come tempi e costi, per l’ottimizzazione del processo progettuale e della visualizzazione da un punto di vista grafico, comincia con la rappresentazione dello stato di fatto dei luoghi su cui sorgerà un determinato cantiere. Una volta realizzato lo stato di fatto, si procede alla rappresentazione delle opere in progetto tenendo conto della scansione temporale dettata dal cronoprogramma dei lavori: questo consente di visualizzare tutti i momenti rappresentativi del cantiere in un modello 3D in continua evoluzione (lavorando in maniera opportuna con le fasi). Considerazioni interessanti possono essere fatte in questa fase sia in relazione alla sicurezza che alle eventuali interferenze di lavorazioni e appalti o subappalti. Anche questo è un aspetto del tutto innovativo apportato dal B.I.M.: fino a pochi anni fa era impensabile riuscire a vedere quadrimensionalmente lo sviluppo di un cantiere. I vantaggi sono davvero molteplici, poiché viene ampliata la capacità del progettista di prevedere le dinamiche di andamento delle lavorazioni e le relative interferenze, dunque tutti i possibili rischi e pericoli derivanti; pertanto può essere assicurata una maggiore qualità al progetto del cantiere, ed alla scelta di tutte le misure e degli strumenti di prevenzione e protezione.

Lo studio continua con la sperimentazione dell’interoperabilità tra i software Revit Architecture e STR Vision Architect per Revit, per la quale è possibile assegnare agli oggetti Revit un codice di listino che fa riferimento ad un prezzario. Si crea dunque un preventivo, dopodiché è possibile procedere alla creazione del cronoprogramma da preventivo e, se necessario, modificare manualmente la durata delle lavorazioni interagendo con il diagramma di Gantt. Altri tipi di modifiche sono consentiti, confermando anche in questo caso l’importanza del funzionamento integrato di un modello B.I.M..

Altro studio interessante, portato avanti da Dalmasso et al.19, e rivolto alla complessità del modello rispetto al Facility Management, tende a misurare le capacità del B.I.M. come strumento per gestire tutte quelle funzioni che, all’interno di un’azienda, non rivestono un ruolo principale ma concorrono al raggiungimento di obiettivi di ottimizzazione prefissati. Nello specifico, il gruppo di lavoro si è occupato di gestire in modo efficiente ed efficace gli spazi occupati dalle differenti attività del Politecnico di Torino in tutte le sue sedi, definendo un building information model collegato con un applicativo di Facility Management (Archibus) nel quale sono stati classificati e catalogati tutti gli spazi del complesso del Politecnico. Per poter utilizzare il modello parametrico è stato necessario popolare il database di Archibus con tutti i dati caratteristici degli spazi, come ad esempio la destinazione d’uso, la struttura di appartenenza, i codici identificativi dei locali, ecc., da abbinare poi ai parametri geometrici. Terminate le operazioni di collegamento e catalogazione, è stato possibile effettuare le modifiche di cui si è necessitato sul modello di Revit ed in tempo reale le stesse sono state aggiornate sul database di Archibus. Ad esempio, se fosse stata modificata la superficie di un locale a causa dell’abbattimento di un tramezzo, l’entità Room, attraverso la quale si configura ogni spazio, si sarebbe adattata alla nuova conformazione e allo stesso tempo il nuovo valore dell’area da essa calcolato sarebbe stato riportato su Archibus. Con questo metodo di lavoro integrato, il sistema rimane costantemente aggiornato evitando planimetrie disallineate rispetto ai dati anagrafici.

Studio similare, condotto da Ugliotti20, riguarda la catalogazione degli stessi locali al fine della gestione della manutenzione, in particolare riguardo alle pulizie. Rispetto agli anni passati, in cui tutti i dati dovevano essere dedotti da file CAD bidimensionali, osserva Ugliotti, operando in questo modo si sono riscontrati vantaggi significativi per quanto riguarda: la semplificazione nella gestione di un numero elevato di dati; il rilevamento automatico della metratura dei locali; la creazione automatica di un abaco locali; l’aggiornamento dei dati relativi alle possibili variazioni del modello (come descritto anche nel caso precedente); l’immediata sostituzione degli attributi riferiti ad un locale nel caso in cui cambiasse la destinazione d’uso dello stesso. Altro vantaggio è inerente all’output dei dati: la necessità di esportare i dati in un formato utilizzabile dall’impresa di pulizia e dai singoli addetti, si soddisfa grazie alla possibilità di produrre automaticamente planimetrie in pdf, una per ciascun piano di ogni sede analizzata, corredata di legenda cromatica e contestualizzazione.

E’ evidente, secondo Dalmasso19, che l’impostazione di un lavoro di questo tipo richiede tempo e risorse, ma richiede soprattutto una corretta pianificazione in base alle esigenze specifiche ed alle implementazioni future.

Ci si riconduce dunque nuovamente al concetto di bilancio tra il termine del tempo speso e quello del tempo guadagnato, cui si deve unire, sempre a maggior ragione, la qualità e la potenzialità di sfruttamento del modello: il bilancio, in questi casi, è a favore del secondo termine.

La portata di vantaggi e valori aggiunti, come già si è potuto intuire attraverso i casi di studio menzionati, dipende spesso anche dall’interoperabilità degli strumenti B.I.M.. Sicuramente, è proprio l’interoperabilità che apporta vantaggi come, tra quelli citati, la versatilità di output dei dati, il costante aggiornamento del sistema (interoperante), legato al funzionamento integrato.

Un ulteriore studio del sopracitato Erba16, con lo scopo di “verificare delle peculiarità relative allo scambio di informazioni tra un software ed un altro in ambito energetico, nel caso specifico tra Revit 2011 e IES Virtual Environment 6.3 utilizzando lo schema gbXML” 16, conclude che l’interoperabilità studiata comporta ancora degli inconvenienti come, in linea generale, il non totale o il non corretto riconoscimento di dati ed elementi tra i due software, concetto abbastanza generalizzabile ed anche nettamente diversificabile in base all’ambito dell’interoperabilità. Per ovviare agli inconvenienti, secondo Erba, occorre prestare attenzione alla metodologia con la quale viene realizzato il modello fin dalle fasi iniziali; in alcuni casi, però, ciò non è sufficiente ed occorre apportare modifiche al modello una volta importato nel software interoperante. Certo, il sistema non è ancora perfetto, ma la certezza è che quando tutti questi inconvenienti saranno risolti, il risparmio di tempo sarà davvero notevole, oltre a poter godere appieno dei valori aggiunti legati all’interoperabilità.

Abbiamo sinora analizzato quali fossero i principali aspetti, perlopiù legati a peculiarità tecniche di utilizzo degli strumenti, fonti di vantaggi e valori aggiunti del B.I.M. rispetto al C.A.D.. Accanto ai valori aggiunti figli di aspetti estrinseci del metodo, non sono da trascurare alcuni valori legati ad aspetti intrinseci della gestione del processo edilizio, che con la nuova tecnologia possono essere sicuramente incrementati, facendo del B.I.M. non una risorsa confinata soltanto agli aspetti tecnici, bensì una risorsa orientata anche allo sviluppo sociale ed economico della collettività, potenzialità assolutamente limitate altrimenti, ovvero con l’uso di metodologie e strumenti tradizionali. Parliamo, in buona sostanza:

  • del rapporto tra B.I.M. e politica anticorruzione negli appalti;
  • del rapporto tra B.I.M. e mercato dell’edilizia.

In che modo il B.I.M. si intreccia agli aspetti deontologici delle professioni tecniche? Anzitutto, riflettendo su quanto finora esposto riguardo alle possibilità ed alle effettive prestazioni del nuovo metodo, possiamo trarne delle evidenze quali prevedibilità molto più dettagliata del prodotto finale ed anche del processo che ad esso conduce, aspetto che si avvalora di un rapporto tra risultati ottenuti e tempo speso decisamente alto. Ebbene, questi due aspetti possono fare del B.I.M. un vero e proprio ingrediente per una ricetta di riforma anticorruzione nel settore degli appalti. Nel caso italiano, come a ragione sottolinea Santilli in un articolo su Il Sole 24 Ore21, combattere la corruzione è una priorità per il settore degli appalti che ne è afflitto ciclicamente, ma per farlo

bisogna anche cogliere l’occasione (in questo momento storico) data dalle direttive dell’Unione europea di semplificare e rendere più efficiente il sistema, riducendo i costi e garantendo tempi certi per le opere. Secondo un inquadramento di Santilli della attuale situazione del settore appalti (inquadramento qui menzionato a soli fini esemplificativi, finalizzati ad esprimere un concetto relativo al B.I.M.), quattro circostanze aprirebbero oggi uno spazio politico per andare in questa direzione, sempre che ci fosse la volontà di abbandonare vecchi schemi ormai al tramonto: la prima sarebbe il recepimento delle direttive europee, come “scheletro” per il nuovo riassetto del settore appalti nazionale; la seconda sarebbe quella del più ampio potere all’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) di intervento contro il malaffare senza bloccare le opere; la terza circostanza sarebbe data dal fallimento ormai acclarato dai numeri, della legge-obiettivo n. 443/2001; accanto a queste tre, la quarta circostanza favorevole che si combinerebbe con le altre e che sta trasformando il modo di fare appalti in Europa, U.K. e Paesi scandinavi in testa, Francia e Germania a seguire, è l’avvento del B.I.M., che consente di abbattere del 30% i costi con progettazione in 3D e modello integrato di gestione di tutte le fasi di un’opera21. Nell’ambito delle circostanze individuate da Santilli, come del resto egli stesso a ragione pronostica, il ruolo del B.I.M. consentirebbe di abbassare la percentuale di varianti in corso d’opera dal 20% al 15%, proprio grazie alla sopracitata prevedibilità molto più dettagliata del prodotto finale ed anche del processo che ad esso conduce, rientrando dunque nei limiti previsti dall’Unione europea, e coadiuvando l’operato derivante dalle altre circostanze. Inoltre, con il B.I.M. si potrebbe dare spazio all’innovazione digitale nella gestione della gara e del contratto di appalto con il rafforzamento dei poteri del R.U.P. (responsabile unico del procedimento) e della funzione di project management.

Riguardo al rapporto tra B.I.M. e mercato dell’edilizia, invece, può essere più naturale intuire che la nuova tecnologia, come avviene quasi sempre con l’introduzione di innovazioni tecnologiche, è portatrice di un grosso potenziale di impiego lavorativo per diverse figure tecniche e professionisti dell’edilizia. Oltre all’utilizzo del B.I.M. per la realizzazione di opere ex novo, la nuova tecnologia si presta ottimamente per lavori sul tessuto edilizio ed urbano già esistente, che vanno dalla manutenzione ordinaria e straordinaria, alla ristrutturazione, al restauro; il metodo è stato ribattezzato “RetroBIM” 22. E’ chiaro dunque che accanto al progetto, in questi casi, un ruolo fondamentale spetta al rilievo delle preesistenze, per il quale il B.I.M. si configura come un ottimo partner, data la possibilità di interoperare con software che elaborano rilievi da laser scanner, digitalizzatori, ecc.: l’informazione viene dunque subito assorbita in un modello in cui diviene parte di una gestione ordinata, portando subito a tutti i vantaggi finora descritti. Secondo Fiordalisi 22, l’Italia è il Paese con le più alte potenzialità in materia di RetroBIM: per fare un esempio, il retrofit energetico procede al rallentatore, nonostante il Paese si sia posto l’obiettivo di tagliare l’uso del petrolio, al 2020, di 2,7 milioni di tonnellate. Ma metà dei 30 milioni di abitazioni ( 3 miliardi di m2) risale a prima del 1976 e consuma tra i 160 e i 200 kWh per m2 all’anno. Per raggiungere il traguardo 2020 sarebbero necessari investimenti per circa 7 miliardi all’anno per riqualificare solo il 20% del patrimonio residenziale. Un’ operazione colossale, in cui l’adozione del B.I.M. potrebbe rappresentare la chiave di volta in qualità di strumento principe per gestire la partita.

Al termine di questa analisi critica, possiamo concludere che i vantaggi ed i valori aggiunti apportati dal B.I.M. rispetto al C.A.D. esistono almeno da un punto di vista teorico, sono diversi e diversificabili in base all’adattamento che il metodo ed il modello sono capaci di compiere in funzione della loro applicazione. Alla base dei vantaggi vi è senz’altro il concetto di progettazione integrata cui si fa approccio con il B.I.M. rispetto alle metodologie ed agli strumenti tradizionali; l’automatizzazione di molteplici funzioni che nel C.A.D. sono inesistenti o vanno gestite manualmente con tutti i rischi correlati; l’interoperabilità, spesso coadiuvante l’automatizzazione, che ha un respiro molto più ampio rispetto a quella degli strumenti C.A.D.. Tutto ciò porta ad un ottimo rapporto tra tempi di lavoro e risultati ottenuti, oltre che a vantaggi e valori aggiunti che travalicano i confini dei meri aspetti tecnici.

4 – VANTAGGI E VALORI AGGIUNTI DEL B.I.M. NELL’ORGANIZZAZIONE E SICUREZZA DEL CANTIERE

 

Le teorie, le osservazioni ed i casi di studio finora presi in esame hanno mostrato un quadro più o meno completo riguardo ai potenziali effetti della presenza dei presupposti elencati nell’introduzione al presente elaborato, perlopiù in linea generale, per abbracciare il più possibile i principali aspetti su cui il B.I.M. lavora.

A seguire, si intende completare il materiale oggetto di studio trattato sinora, con una breve rassegna di casi applicativi della nuova tecnologia, con particolare riferimento alla fase di organizzazione e sicurezza del cantiere. La verifica sul campo del se e del come l’uso di processi di progettazione B.I.M.-based possa realmente agevolare la fase esecutiva del processo è un passaggio necessario e interessante sul tema del B.I.M.. L’obiettivo è quello di comprendere quali siano, al netto e nella pratica, i vantaggi e i valori aggiunti del B.I.M. rispetto al C.A.D. nell’organizzazione e sicurezza del cantiere, ed i modi attraverso i quali ottenerli.

640_romulus
Figura 9 – Fotogramma di una simulazione di cantiere con il BIM
4.1 – IL B.I.M. ED IL CANTIERE DEL MANUFATTO EX NOVO

Il tema del primo caso applicativo preso in esame è un edificio destinato all’attività scolastica realizzato nel comune di San Michele all’Adige (TN).Si tratta, nello specifico, di un intervento di nuova costruzione con struttura a pannelli portanti in legno per l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (F.E.M. – Fondazione E. Mach)23.Il caso rappresenta una delle prime iniziative spontanee di adozione della nuova tecnologia, in Italia, portate avanti fino all’esecuzione del manufatto, seppur non applicandola a tutte le fasi.

Il progetto in esame offre diversi spunti di riflessione e di approfondimentosull’utilizzo del B.I.M.. Ritroviamo i temi della commessa pubblica e delcoordinamento dei differenti ambiti progettuali, strutture-architettura-impianti, siaffronta una particolare tecnologia costruttiva, i pannelli strutturali in legno, con particolare attenzione alla fase esecutiva di cantiere.

C01
Figura 10 – Viste del modello BIM

In un’intervista de Il Nuovo Cantiere23, il progettista, arch. Alberto Cristoforini, asserisce che una volta implementato in tutta la filiera, i vantaggi del B.I.M. saranno tangibili per tutti gli attori del processo ma, in particolare, per la committenza e, nel casodi opere pubbliche il vantaggio, indirettamente, si estenderà all’intera comunitàdi cittadini. Queste metodologie di modellazione, simulazione e gestione di tuttele informazioni connesse al progetto, in tutte le sue fasi di vita -continua Cristoforini – consentono diimplementare procedure di gestione integrata delle informazioni, anche suprogetti di medio-piccola dimensione. Il vantaggio dell’accesso diretto e simultaneo a tutte le informazioni, aggiornate in tempo reale, risiede nella certezza del dato su cui si basa il processo decisionale a tutti i livelli e, pertanto, nell’abbattimento delle non conformità, nell’ottimizzazione dei tempi e dei costi del progetto. In ultima analisi, la committenza e l’intera comunità beneficiano della riduzione del rischio connesso all’investimento con ricadute misurabili in termini di tempi e costi.

Riguardo al cantiere, secondo Cristoforini il processo di implementazione delle metodologie B.I.M. nella fase di progettazione conosce vari livelli di complessità e dettaglio. Uno dei vantaggi più immediati consiste nella possibilità di simulare le lavorazioni in una sorta di cantiere virtuale in modo da risolvere preventivamente le principali criticità, con evidenti vantaggi in termini di controllo dei tempi e della sicurezza in cantiere.

In questo caso, continua l’architetto, la condivisione del modello tra i progettisti ha permesso di risolvere in fase progettuale le interferenze tra le differenti unità tecnologiche dell’edificio. In fase preliminare, la modellazione delle unità impiantistiche ha fatto emergere le reali esigenze di ingombro dei principali elementi tecnologici, come l’impianto di ventilazione meccanica controllata.

In fase esecutiva, lo sviluppo di tutte le unità impiantistiche ha consentito di controllore in modo più efficace tutte le interferenze, come per esempio i passaggi attraverso le strutture lignee, allo scopo di valutare e risolvere i relativi aspetti termici, acustici e di tenuta all’aria. Per l’ottenimento della certificazione di sostenibilità Arca, l’edificio è stato, infatti, sottoposto a test acustici e di tenuta all’aria (Blower Door Test).

C03
Figura 11 – Modello degli impianti tecnologici

Non ci sono stati sostanziali scostamenti tra previsione ed esecuzione, afferma Cristoforini. È tuttavia importante ricordare che, fatta eccezione per gli aspetti progettuali già citati, l’esecuzione dei lavori non è stata condotta, purtroppo, secondo metodologie B.I.M.: nonostante ciò, la fase di esecuzione ha indubbiamente beneficiato del lavoro svolto in fase progettuale. Inoltre, la direzione lavori è stata supportata dalmodello, anche se l’appalto non prevedeva il ricorso a tali metodologie. E’ comunque poi da far presente che, nelle opere pubbliche, la fase di progettazione esecutiva si interrompe necessariamente prima dell’appalto e ciò significa che, non potendo conoscere l’organizzazione produttiva delle imprese aggiudicatarie, il livello di dettaglio non può spingersi al punto da vincolare le legittime esigenze organizzative del futuro contraente e dei suoi fornitori.

C05
Figura 12 – Fasi di assemblaggio della struttura

Nel progetto in esame – continua il progettista – l’impresa che ha realizzato la struttura portante ha voluto cogliere la sfida che gli abbiamo proposto. In virtù delle caratteristiche costruttive dell’opera, in fase di esecuzione, siamo riusciti a trasferire il modello parametrico della struttura in legno al centro di taglio, che l’ha integrato nel ciclo produttivo a controllo numerico dei pannelli crosslam e degli elementi lamellari. Per mezzo dell’interoperabilità garantita dal formato IFC, il modello di progetto ha costituito la matrice per la costruzione dei singoli componenti con le relative forometrie e per la composizione del programma di carico e trasporto dei mezzi che hanno condotto in cantiere i componenti nell’ordine corretto per il loro assemblaggio.

Infine, Cristoforini osserva che, a fronte dell’importante impegno di programmazione preliminare, la fase di produzione degli elaborati progettuali si riduce al semplice output, sulla base di codifiche precedentemente definite, delle informazioni contenute nel modello. Questa impostazione libera la fase progettuale dalla necessità della produzione degli elaborati e consente al progettista di concentrarsi sugli aspetti più creativi del suo impegno. Ciò consente, inoltre, di mantenere aperta e dinamica la fase progettuale, fino a ridosso della consegna degli elaborati. Ciò comporta la scomparsa della figura del disegnatore classico e la necessità di nuove figure professionali, tra cui quella del B.I.M. Manager.

C06
Figura 13 – L’edificio ultimato
4.2 – IL B.I.M. COME SUPPORTO AL CANTIERE PER IL RECUPERO E/O RESTAURO

Il tema che qui affrontiamo, estratto di un articolo di Picione e Mottola su Il nuovo cantiere24, è quello del progetto del cantiere di recupero e/o restauro, progetto inteso non come individuazione e scelta delle tecniche operative di intervento, ma come analisi dinamica dei flussi spaziali e temporali delle risorse, delle possibili scelte operative, degli apprestamenti necessari e della logistica di supporto collegata. In particolare, ci soffermeremo sull’ausilio che la tecnologia basata su metodologia B.I.M. può fornire nella direzione di una ottimizzazione delle procedure, dell’integrazione delle informazioni, di migliori sistemi di controllo, gestione e verifica e, non in ultimo, di simulazioni e verifiche delle condizioni delle procedure di sicurezza. L’interesse per la specificità del cantiere di recupero e/o restauro trova terreno fertile anche per la necessità di ottemperare alle stringenti norme di tutela della sicurezza dei lavoratori. Non è possibile, infatti, assimilare il cantiere di nuova costruzione con quello di un intervento su di un immobile esistente e, per di più, con elevato valore storico. Quest’ultimo si differenzia notevolmente per organizzazione degli spazi, sia interni che esterni, della tipologia di personale, di lavorazioni, di macchine e attrezzature e, pertanto, di precise prescrizioni normative24.

02-Composizione-delle-nuvole-di-punti
Figura 14 – Composizione delle nuvole di punti da laser scanner

Secondo Picione e Mottola, una corretta progettazione del sistema cantiere, quindi, non può prescindere da una precisa analisi del contesto, sia nella definizione della peculiarità dell’oggetto sia nella descrizione del complesso edilizio, cui lo stesso appartiene. A supportare tale scopo si mostra di grande efficacia la moderna tecnologia di laser scanner. Lo scanner riesce, attraverso l’utilizzo di un raggio laser, a leggere e ricostruire con enorme precisione tutto ciò che viene raggiunto dal raggio; l’utilità ai fini degli interventi sul patrimonio esistente è evidente, ed è questa utilizzabilità che vogliamo in questa sede sottolineare per la progettazione e collocazione delle opere provvisionali come i ponteggi e gli accessi di cantiere.

c09
Figura 15 – Spaccati assonometrici

Il laser scanner restituisce una serie di nuvole di punti la cui composizione descrive in maniera discreta la superficie oggetto di rilievo fino a un livello di dettaglio nell’ordine del millimetro. Più in generale, questa tecnologia, che si sta presentando sul mercato in maniera sempre più massiva ed economica, restituisce le coordinate spaziali di migliaia di punti il cui insieme va a comporre le superfici che definiscono l’oggetto del rilievo. Con riferimento a quanto disposto dalla normativa vigente, la progettazione del cantiere, e di conseguenza degli elaborati grafici minimi per la sua rappresentazione, è definita nei documenti della sicurezza: P.O.S. e P.S.C.. È nella composizione di questi che diviene molto utile disporre di un rilievo digitale di alta precisione, rilievo che, se ampliato al contesto circostante, può essere utile ad analizzare e affrontare le possibili problematiche logistiche legate al complesso contesto, quale può essere un centro storico, definendo e rendendo utili e fruibili le informazioni sui possibili spazi di manovra, sulle aree a disposizione per il carico-scarico e la presenza di tutti i vincoli presenti molto spesso trascurati nelle operazioni di rilievo ambientale. Il solo rilievo non avrebbe però una utilità significativa se non fosse possibile utilizzarlo per porlo come base della modellazione del progetto di cantiere.

c10
Figura 16 – Spaccati assonometrici

È questo passaggio, ovvero l’utilizzo della nuvola di punti come base di riferimento per la collocazione del ponteggio, che mostra le più interessanti prospettive operative e una concreta integrazione multidisciplinare su un unico modello, coordinato e condiviso, di riferimento. Il modello B.I.M. è caratterizzato dall’essere composto da oggetti digitali ai quali è possibile associare dei parametri e delle regole di funzionamento e di connessione tra i diversi elementi e tra gli elementi e l’edificio.

La sintesi operativa tra l’utilizzo del laser scanner e la tecnologia software basata su metodologia B.I.M. mostra un’enorme efficacia nella gestione degli interventi sul costruito integrando le necessità conoscitive con le possibilità simulative. Il modello B.I.M. così costruito, ovvero basato su dati di rilievo digitale, diviene una reale rappresentazione non solo dell’oggetto ma dell’intero processo costruttivo dell’intervento dal quale estrarre, gestire e controllare i singoli aspetti di interesse delle diverse professionalità coinvolte, come la sicurezza, la qualità o gli aspetti materici. Il tutto condiviso e raccolto in unico database digitale continuamente aggiornato.

4.3 – IL B.I.M. ASSOCIATO AI M.C.D.M. COME SUPPORTO AL CANTIERE

Il caso studio trattato, diretto dal prof. Vona25, riguarda l’individuazione della strategia di intervento ottimale, condotta progettando e pianificando differenti soluzioni di intervento di adeguamento sismico di un complesso scolastico nel quale, sin dalle fasi iniziali sono state considerate, con le metodologie innovative suddette, tutte le problematiche relative alle fasi di lavorazione. Il plesso, sito nel territorio comunale di Sulmona (AQ), è stato realizzato nel corso degli anni ’80 – ’90. Le strutture intelaiate in c.a. sono state progettate utilizzando il valore dell’azione sismica per zona sismica di I categoria (S=12). Il complesso è composto da diversi edifici.

Le fasi di valutazione della resistenza alle azioni sismiche e gravitazionali sono state condotte mediante un modello di calcolo agli elementi finiti, utilizzando sia analisi dinamiche lineari sia analisi statiche non lineari, coerentemente all’impostazione normativa vigente N.T.C. 2008. Dai risultati della valutazione sono state definite le differenti opzioni di adeguamento.

Per supportare l’individuazione della soluzione ottimale e il confronto tra le differenti tecniche e soluzioni si è fatto uso di metodi multi-criterio (M.C.D.M.) che consentono di definire un percorso decisionale razionale, non legato esclusivamente alle valutazioni derivanti dall’esperienza del singolo progettista e dei desideri soggettivi della committenza.

Ampiamente utilizzati in molti settori economici e ingegneristici, i metodi M.C.D.M. si basano sulla definizione di criteri di valutazione, attribuzione di pesi a essi relativi, valutazione delle alternative d’intervento rispetto ai criteri di giudizio prescelti. I metodi multi-criteri di selezione dell’intervento, divenuti ormai esigenza per la corretta individuazione della strategia da adottare, possono essere associati alle potenzialità del Building Information Modeling tramite la proposizione di un modello esaustivo e completo della fase di esecuzione dell’intervento ipotizzato, rendendo visibili e facilmente leggibili sia le fasi operative che gli aspetti logistici e di sicurezza fin dalle fasi decisionali iniziali.

00-bim
Figura 17 – Associazione del BIM al metodo MCDM

È evidente come vi sia una sinergia funzionale tra l’approccio multi-criteri e la metodologia B.I.M.; infatti, una volta definito il modello dell’edificio digitale, sullo stesso possono essere simulate le diverse soluzioni utili a contribuire alla definizione dei “pesi” da attribuire ai differenti parametri, le differenti soluzioni tecnologiche ipotizzate per confrontarle e individuare la più rispondente ai requisiti del caso. È interessante sottolineare come già nell’attività di analisi multi-criteri hanno un peso significativo i parametri legati alla gestione del cantiere e della sicurezza, parametri complementari necessari a valutare tutte le difficoltà operative e complessivamente l’invasività e la fattibilità dell’intervento proposto rispetto sia alle problematiche di valenza strettamente tecnica sia a quelle inerenti l’utilizzo degli edifici in contemporanea all’esecuzione degli interventi.

La metodologia B.I.M. si ritiene possa essere efficace nel supportare l’attività decisionale in generale e in particolare nella definizione di alcuni valori  da attribuire a determinati criteri, potendo simulare le differenti soluzioni.
La scelta finale per l’intervento oggetto di studio è caduta sulla soluzione che prevede la realizzazione e messa in opera del sistema di isolamento alla base secondo una sequenza di fasi e sotto fasi ben definita.

c07
Figura 18 – Schemi di intervento e sequenze operative su alcuni fabbricati del plesso

Dalle fasi proposte per il caso studio in oggetto è emerso con chiarezza che una delle esigenze da soddisfare per la gestione di un intervento sul costruito è la gestione del sistema documentale dinamico sia per la progettazione che per il monitoraggio continuo della commessa e delle sue fasi. Si tratta di definire un sistema di dettagliati e dinamici layout grafici e documentali progressivi descrittivi delle diverse attività che fungano da veicolo delle informazioni di progetto, di tipo operativo e di sicurezza. La realizzazione di un siffatto sistema documentale può avvenire attraverso soluzioni basate su modelli tradizionali, come per esempio software CAD 2D/3D, che, tuttavia, sono onerosi in termini di tempi e costi, oltre che meno immediati nella restituzione e interpretazione delle fasi. L’approccio attraverso il Building Information Modeling, si pone come una possibile soluzione e una interessante opportunità; infatti, tale metodologia, gestendo in un unico luogo digitale il sistema delle informazioni di progetto, di cantiere e di sicurezza, permette di simulare la sequenza delle fasi di lavoro e di supportare la produzione documentale necessaria. L’utilizzo del B.I.M. per il supporto a cantieri anche ad alta complessità operativa è una soluzione promettente che trova applicazione e utilità nella definizione di modelli intelligenti che con continuità permettono di simulare la fase di progetto, di verificare con continuità in fase esecutiva lo sviluppo dei lavori, il rispetto delle previsioni progettuali e, in generale, l’efficacia delle ipotesi operative individuate.

4.4 – IL B.I.M. PER LA GESTIONE, PER L’ASSEVERAZIONEE PER LA SICUREZZA NEI CANTIERI

L’applicazione del B.I.M. al processo delle costruzioni può portare la progettazione e la programmazione dell’intervento nel suo complesso e delle sue parti a livelli di dettaglio e di precisione molto elevati. La modellazione digitale del progetto permette ai diversi attori di simulare e pre-visualizzare attività, fasi, ma anche l’utilizzo dei diversi materiali e le modalità operative. Possiamo ritenere, quindi, il B.I.M. anche come uno strumento di analisi dei processi e di condivisione delle informazioni, che permette di indentificare le procedure e le attività26.

Focalizzando l’attenzione sugli aspetti della sicurezza gli stessi sono integrati nelle fasi esecutive permettendo un approccio simulativo e valutativo, ma anche di produzione documentale. Se da un lato l’efficacia, le potenzialità del B.I.M. nel settore delle costruzioni sono sempre di più riconosciute e condivise, è interessante provare a capire se lo stesso approccio può portare risultati anche come supporto all’adozione di modelli di gestione per le imprese edili.
A tal proposito, l’asseverazione, ovvero la scelta da parte di un’impresa di implementare un Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro (acronimo S.g.s.l.) certamente è segno di una forte e concreta volontà di organizzare il lavoro in modo da prevenire gli incidenti sul lavoro, ed in generale di porre la politica della sicurezza come uno dei punti strategici della gestione e dello sviluppo dell’impresa stessa.  Ricorrere alla definizione ed applicazione di un Sistema di Gestione della Salute sul Lavoro è un atto volontario di politica aziendale e come tale può essere realizzato nelle forme e secondo le modalità più diverse.

I modelli di gestione e gli stessi sistemi si basano sulla definizione di procedure dirette a individuare, all’interno della struttura organizzativa, le responsabilità, le procedure e le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione.

Il complesso delle attività che sottendono la realizzazione e messa a punto del modello deve essere accompagnato, inevitabilmente, da una significativa produzione documentale perché le procedure siano efficaci ed attuabili26.

c11
Figura 19 – Linee guida Uni-Inail 2001. Struttura di un SGLS

L’approccio nella gestione e composizione dei documenti aziendali in termini di sicurezza è totalmente diverso rispetto alla normale produzione documentale prevista dalla normativa sulla sicurezza e descritta nel D.lgs. 81/2008.
E’ quest’ultimo aspetto che si ritiene possa rappresentare il punto del tema in cui l’approccio B.I.M. può essere un utile strumento di supporto; infatti, la possibilità di gestire le informazioni legate allo sviluppo del processo edilizio, e la possibilità di redigere, ad esempio, una serie di tavole grafiche descrittive del layout del cantiere e della sua evoluzione attraverso l’estrazione delle viste illustrative di quanto necessario in termini di organizzazione del cantiere e di presidi di sicurezza, bene si raccorda con le procedure di controllo interne che un’impresa edile deve identificare e mettere a punto perché i suoi addetti possano efficacemente  applicare le proprie funzioni di controllo e di verifica27.

L’utilizzo del B.I.M. come document-manager a più livelli si candida ad essere uno strumento anche per verificare l’efficacia di un  modello di gestione aziendale applicato ad un qualsiasi cantiere edile dell’impresa. La possibilità, infatti, di disporre di un sistema documentale che descrive la prevista evoluzione del cantiere, collegato ai documenti della sicurezza, alle relative prescrizioni è certamente un fondamentale ausilio ad esempio per il rispetto delle procedure poste alla base della valutazione della correttezza e coerenza del P.O.S. o del D.V.R. aziendale. Il primo aspetto che un efficace modello di gestione deve permettere è, infatti, la verifica del soddisfacimento dei requisiti di legge e quindi la presenza e la completezza dei piani di sicurezza e dei documenti di sicurezza con i loro allegati grafici illustrativi degli specifici temi della sicurezza il tutto in un’unica struttura documentale inerente le procedure e la politica aziendale in tema di salute e alla sicurezza sul lavoro27.

Accanto al document management, affrontare il tema del progetto e della gestione della sicurezza nei cantieri con soluzioni basate su modelli tradizionali, come per esempio software C.A.D. 2D o 3D non è una strada percorribile perché comporterebbe un incremento dei tempi e dei costi del sistema di produzione degli elaborati che non può essere accettato. In questo ambito il Building Information Modeling, con le sue infinite potenzialità, può proporsi come modello risolutivo.

Il modello di cantiere è da considerarsi come un sistema composto da molteplici elaborati; rappresenta il momento conclusivo dell’analisi del progetto e della programmazione dell’intervento e, come previsto nell’allegato XV del D.lgs. 81/2008, deve ottemperare alla necessità di corredare i piani di sicurezza con tavole e disegni esplicativi28.

Il sistema layout di cantiere, perché sia uno strumento valido alla fase operativa di realizzazione del progetto, in particolare per tutti quegli aspetti in grado di permettere la corretta gestione della sicurezza, deve includere e gestire allo stesso tempo gli aspetti produttivi, quelli di logistica e quelli spaziali soprattutto per permettere di valutare le interferenze tra le differenti lavorazioni e attività.
Quest’ultimo tema è quello più significativamente vicino alla gestione della sicurezza in un cantiere. La coincidenza temporale e spaziale di attività e squadre diverse è un fattore di rischio importante per i lavoratori edili; il sistema deve essere in grado di evidenziare e prevedere le interferenze. Se è quindi condiviso essere necessario un approccio progettuale al tema e riconosciuta la complessità degli elaborati da redigere, si tratta di individuare la soluzione tecnologica al tema28.

Una risposta esaustiva può essere, come anticipato, una metodologia di lavoro basata sulla tecnologia B.I.M.. L’architettura B.I.M. supera, infatti, quello che il tradizionale sistema di dialogo tra gli attori del processo basato sullo scambio d’informazioni diretto e univoco e che può portare a perdite d’informazioni, attraverso la centralizzazione dei dati nel database. I dati di processo sono un unico luogo fisico accessibili e aggiornabili, aspetto fondamentale nella gestione della sicurezza, potendo utilizzare sistemi di controllo e monitoraggio dinamico volti a evidenziare se il complesso-cantiere esce fuori dalla sicurezza programmata esponendo gli operatori a rischi28.

La piattaforma integrata dei dati che include gli elementi di cantiere garantisce la totale compatibilità d’informazioni e la completezza delle stesse unendo gli oggetti del progetto con i presidi e le opere provvisionali del sistema di sicurezza, analizzando, inoltre, in fase di programmazione, la sequenza delle attività operative. Una volta identificate le giornate o le attività a maggiore rischio, è possibile produrre per le stesse planimetrie ed elaborati definibili come tavole dei rischi e dei pericoli che mostrino in maniera chiara e univoca la condizione del sito produttivo in quel particolare istante, oltre all’assetto ed alla logistica di prevenzione necessari28.

L’utilizzo del B.I.M. per gestire la sicurezza dei canteri è una strada promettente che si concretizza nella definizione di modelli intelligenti dai quali, come immediata risposta, si ha la produzione degli elaborati grafici previsti dalla normativa ma, soprattutto, l’integrazione degli aspetti della sicurezza nel modello generale dell’edificio che tende a essere sempre più dettagliatamente la riproduzione digitale dell’edificio e delle sue componenti. L’integrazione degli aspetti della sicurezza nel sistema permette di verificare con continuità nello sviluppo dei lavori, l’efficacia delle ipotesi operative sulla sicurezza ideate in fase preliminare o di evidenziare interferenze tra i sotto-modelli strutturale, impiantistico, architettonico e quindi di cantiere28.

5 – CONCLUSIONI

Alla luce della ricerca, effettuata attraverso il presente elaborato, per capire di che cosa è fatto il B.I.M., come è fatto, quali vantaggi e valori aggiunti può apportare rispetto alle metodologie ed agli strumenti tradizionali ed in che modo, sia in ambito generale che con particolare riferimento all’organizzazione e sicurezza del cantiere, si può senz’altro concludere quanto segue.

Il B.I.M è un’attività di gruppo, basata su un linguaggio comune, operata attraverso strumenti informatici che gestiscono un unico modello integrato e complesso di informazioni, inter-relazionate tra esse attraverso collegamenti logici, funzione delle informazioni e dei risultati attesi, e coadiuvate dall’interoperabilità tra software e dalle prestazioni che gli stessi riescono ad offrire.

Dall’analisi critica dei casi di studio presi in esame, si può trarre in evidenza che i vantaggi ed i valori aggiunti della nuova tecnologia rispetto a quella tradizionale, esistono e sono classificabili in:

  • tecnico-tecnologici, ovvero provenienti da peculiarità tecniche degli strumenti, caratterizzate da: automatizzazione, che offre miglior controllo dei dati, maggiore affidabilità degli elaborati, possibilità di visualizzazione ed estrazione di informazione in qualsiasi momento del processo ed aggiornamento automatico di ogni dato in funzione degli altri, possibilità di produrre output mirati all’utilizzo specifico dei dati; interoperabilità, che garantisce la migliore gestione integrata dei dati e dunque della progettazione, della realizzazione e della manutenzione del manufatto;
  • economici, sicuramente come riflesso di diversi vantaggi tecnici che producono ottimizzazione di tempi e costi; inoltre, creazione di nuove opportunità del mercato dell’edilizia grazie alla possibilità di lavorare non solo sull’ex-novo, ma anche su tutto il patrimonio edilizio esistente per la manutenzione, la ristrutturazione, il restauro, l’adeguamento normativo ecc. con soluzioni innovative, più rapide e di qualità;
  • sociale, sia dal punto di vista dell’incentivazione alla comunicazione tra tecnici anche a livello internazionale, grazie all’applicazione di linguaggi e standards comuni; sia dal punto di vista del maggiore potenziale di controllo del settore degli appalti, per scongiurare al massimo i fenomeni di corruzione.
Vantaggi e valori aggiunti2
Figura 20 – Schema riassuntivo dei vantaggi e valori aggiunti del BIM rispetto al CAD

Abbraccia tutte queste classificazioni, in generale, l’adesione all’innovazione tecnologica del B.I.M. che, ormai già obbligatoria in alcuni Paesi, conoscerà una sempre maggiore applicazione in luogo dei metodi eterogenei tradizionali.

Tutti i suddetti vantaggi e valori aggiunti si ripercuotono sull’intero processo edilizio, nonché su ogni fase del ciclo di vita del manufatto. In particolare, per quanto concerne la fase di cantiere, che essa sia dovuta a costruzione ex-novo, recupero, restauro, adeguamento normativo od altro, la natura dei vantaggi si può modellare in funzione di ogni singola casistica, portando sempre a soluzioni innovative ed efficaci.

Dunque i vantaggi ed i valori aggiunti si possono ottenere soltanto attraverso il controllo degli strumenti e del sistema, calibrando di caso in caso le potenzialità offerte in maniera tale da riuscire ad ottenere i maggiori benefici possibili. Sta dunque nella capacità del tecnico, e più in generale degli attori del processo edilizio nonché del ciclo di vita, il saper informare il sistema ed interpretarne correttamente le informazioni in uscita, costantemente, fino a portare a termine il proprio ruolo giovando in modo ottimale delle potenzialità offertegli.

Se ne deduce, infine, che il B.I.M rappresenta senza dubbio il futuro di architettura, ingegneria ed industria della costruzioni.

La potenza è nulla, senza controllo.


NOTE

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

© Carmine Volpe

Blogger info

Lascia un commento